L’olio usato per friggere le uova al tegamino o per preparare le conserve di carciofi, o le verdure grigliate... costituisce una minaccia per l’ambiente, e deve essere raccolto e smaltito adeguatamente. Purtroppo differenziare gli oli e i grassi utilizzati in cucina e portarli nelle isole ecologiche, è una pratica poco diffusa, perchè il problema è quasi sconosciuto e viene sottovalutato.
Ogni anno in Italia vengono prodotte 280.000 tonnellate di olio alimentare esausto, circa 5 Kg pro capite. Quest'olio se viene disperso nell’ambiente , come quello utilizzato nei motori delle automobili, rappresenta una fonte di inquinamento rilevante per il terreno, la flora e la fauna, l’acqua e anche per i filtri dei depuratori e le linee fognarie.
Per questo motivo nel 2001 si è costituito il Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti (Conoe), cui aderiscono più di 250.000 imprese. L’organizzazione non ha scopo di lucro e oltre a promuovere iniziative atte a sensibilizzare l'opinione pubblica, si occupa della raccolta, dello smaltimento e del riutilizzo dell'olio prodotto dalla ristorazione, dall’industria e dalle famiglie. Questo scarto di frittura, correttamente trattato, diventa una risorsa e che può essere trasformato in: lubrificanti, bio-diesel, saponi, tensioattivi, inchiostri, e altro. Secondo stime accreditate, se in Italia venisse raccolta l'intera produzione di olio usato, si genererebbe un valore intorno agli 182 milioni di euro.
L’obbligatorietà del conferimento dell’olio è sancita dall’articolo 233 del decreto legislativo 152/06 che però si riferisce solo all'utenza commerciale, mentre per i singoli cittadini valgono le ordinanze comunali e il buon senso.
«Attualmente – spiega Roberto Restani, consulente operativo del Conoe - la capacità di raccolta e di trattamento del rifiuto si aggira sulle 46.500 tonnellate (anno 2011), mentre per il 2012 si prevede di raggiungere le 48.000 ton. Una quantità elevata, ma che in realtà corrisponde solo al 16% del totale annuo. Va altresì precisato che il 65/70% dello scarto proviene dal settore della ristorazione. Il dato cresce lentamente dal 5% all'8% ogni anno perché, nonostante i numerosi appelli, il consorzio, non può ancora beneficiare del contributo ambientale, bloccato dalla mancata firma del decreto ministeriale di attuazione».
Ma qualcosa si muove. Ne è un esempio, l’ultima campagna di Legambiente “Spiagge e Fondali Puliti 2012”, con oltre 300 località italiane coinvolte, che quest’anno vede la collaborazione del marchio Mareblu. La nota azienda produttrice di conserve ittiche, ha stilato, assieme all’associazione ambientalista, un vademecum su come differenziare l'intera confezione del tonno in lattina. Oltre all'olio delle fritture, bisogna considerare che anche quello delle conserve viene quasi sempre gettato negli scarichi. Solo per quanto riguarda il tonno ogni anno si tratta di circa 20 mila le tonnellate di cui si perdono le tracce.
Cosa può fare il singolo cittadino?
Dopo aver fritto bisogna lasciare raffreddare l’olio (o lo strutto o il burro) e versare il tutto in un contenitore (una bottiglia di plastica va bene). Quando si scolano le conserve sott’olio, occorre recuperare il liquido di governo in una bottiglia e smaltirla come previsto da ogni singola amministrazione locale. Alcuni Comuni distribuiscono gratuitamente, a chi ne fa richiesta, delle taniche, oppure predispongono nei quartieri della città, dei punti di raccolta. Se non fosse possibile recarsi alle apposite isole ecologiche, o eseguire correttamente la raccolta differenziata, raccogliere comunque lo scarto in un contenitore, chiuderlo accuratamente, e buttarlo nell’indifferenziato.
Di seguito i suggerimenti di Mareblu per le scatolette di tonno.
1. gettare il cartoncino esterno nei contenitori per carta e cartone
2. raccogliere l'olio residuo in una bottiglia da portare nella più vicina ecostazione
3. non versare mai l'olio negli scarichi dell'acqua
4. gettare la lattina tra i rifiuti metallici
Valeria Nardi
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